sabato 11 settembre 2021

Tomaso Albinoni + Concerto in do maggiore per due oboi, archi e continuo op. 9 n. 9


(Venezia, 8 giugno 1671 – Venezia, 17 gennaio 1751)

Figlio di un cartaio, aveva studiato la musica da dilettante ma dovette ben presto dedicarvisi come professionista essendo mutate le condizioni economiche della ditta patema. Fu a Firenze nel 1703 e poi ancora nel 1722, a Monaco nel 1722, ma passò la maggior parte della vita a Venezia, dove per qualche tempo suonò il violino in orchestra di teatro, entrò in amicizia con Vivaldi e in campo operistico fu considerato un temibile rivale di Francesco Gasparini. Fu compositore fecondissimo (scrisse fino al 1740 una cinquantina di opere teatrali, di cui oggi ci rimangono solo poche arie, e gran copia di sinfonie, concerti, sonate e altra musica strumentale), ma dal 1740 circa aveva abbandonato ogni attività.
Albinoni fu violinista provetto e, come tale, entra con una funzione precisa nella storia della fiorente scuola violinistica italiana del Settecento. Egli "sente" profondamente lo spirito degli strumenti ad arco ed è per questo forse che le sue piu ispirate e significative composizioni sono appunto quelle strumentali, dove ebbe modo di profondere le sue ricche doti musicali. 
Tipico rappresentante del barocco italiano, ha un gusto preciso e sottile per l'ampio arco melodico, per l'armonia raffinata, per una strumentazione accurata. I suoi ritmi sono elastici e leggeri, il discorso è sempre nobile ed espressivo, l'orchestra si fonde in un corpo unico capace di coloriti diversissimi, preludendo in qualche punto agli sviluppi della scuola di Mannheim, al crescendo e a una cura minuziosa della dinamica.
Con l'introduzione nelle op. 7 e 9 di strumenti a fiato (oboi) egli getta le basi per un ampliamento dell'orchestra, insegnando a fondere la sonorità dei fiati con quella degli archi. Inoltre individua con chiarezza superiore a quella dei suoi predecessori
e contemporanei il concetto di "sinfonia", intesa come brano strumentale in cui tutti gli strumenti dell'orchestra concorrono in ugual misura a dar vita al discorso musicale, a differenza del concerto dove si accentuava lo spezzettamento del discorso tra i "soli" e il "tutti" orchestrale. È sintomatico che Bach abbia studiato a fondo, insieme a quelle di Vivaldi, le composizioni di Albinoni, musicista che egli poneva sullo stesso piano del " Prete Rosso": ed è dalle composizioni di Albinoni che Bach apprese molti accorgimenti rimasti poi tipici in tutta la sua più importante produzione.
Non è possibile per Albinoni, come non lo è per molti altri autori barocchi italiani e stranieri, entrare nei dettagli delle singole composizioni. La sua produzione è vastissima e non si può dire che esistano finora dei pezzi che si siano imposti
in modo particolare all'attenzione del pubblico; né tra le raccolte di musiche da lui pubblicate ve n'è qualcuna che eccella in modo particolare sulle altre. Per tutta la sua produzione valgono le caratteristiche stilistiche di cui si è detto nella parte introduttiva. Si tenga presente che molte composizioni di Albinoni sono rimaste manoscritte, e vengono riesumate gradualmente dall'amore di alcuni musicologi appassionati dell'antica produzione italiana.

L'oboe, introdotto in Italia dalla Francia verso la fine del XVII secolo, fu dapprima usato come rinforzo degli archi. Àlbinoni fu tra i primi compositori italiani, assieme all'oboista virtuoso Giuseppe Sammartini, ad Alessandro Marcello e a Vivaldi, a scrivere dei concerti solistici per questo strumento, che a quell'epoca era dotato solo di due o tre chiavi. Del «dilettante veneto, musico di violino», come Albinoni stesso amava definirsi, ci rimangono 16 composizioni originali per oboe, equamente distribuite nell'op. 7 e nell'op. 9. Le due raccolte, pubblicate ad Amsterdam rispettivamente da Roger nel 1715 e da Le Cene nel 1722, sono simmetricamente divise in quattro concerti per violino (per archi nell'op. 7), quattro per oboe e quattro per due oboi. In questi lavori l'autore dimostra di conoscere a fondo le possibilità tecniche ed espressive dello strumento, che fu introdotto a San Marco nel 1698 e alla Pietà intorno al 1706, e di non essersi limitato a sostituire semplicemente il violino con l'oboe.

Albinoni decise di dedicare l'op. 9 a Maximilian Emmanuel II di Baviera perché probabilmente aveva sentito parlare della bravura degli oboisti attivi in quella corte. I concerti furono verosimilmente ben accolti dal momento che il «dilettante veneto» fu successivamente invitato a Monaco per organizzare le feste musicali in occasione delle nozze del principe elettore Carlo Alberto di Baviera con Maria Amalia, figlia più giovane di Giuseppe I.


Il Concerto in do maggiore per due oboi, archi e continuo op. 9 n. 9 è il penultimo dei concerti "doppi" presenti nella raccolta, che generalmente comprende composizioni più elaborate rispetto ai modelli offerti dall'op. 7. La tonalità di do maggiore è presente in quattro degli otto concerti per due oboi di Albinoni (dei rimanenti quattro, due sono in re maggiore e due in fa e sol maggiore). Ciò deriva dal fatto che spesso nel Settecento l'oboe veniva assimilato per funzioni e sonorità alla tromba, le cui tonalità naturali erano appunto quelle di do e re maggiore.

Nel primo movimento (Allegro, 4/4), gli interventi dell'orchestra sono articolati in tre-quattro motivi, variamente ricomposti ed elaborati nelle riproposizioni del tutti. I soli non hanno valore tematico ma si limitano ad un formulario melodico, prevalentemente per terze parallele, fatto di scalette, arpeggi, rapidi passaggi in semicrome, oppure di brevi incisi ripetuti o separati da una pausa di croma. 

Nel movimento centrale (Adagio, la minore) l'ampio respiro lirico del canto degli oboi viene impreziosito dalle imitazioni tra i solisti e gli archi. È importante notare che qui, come negli altri tempi lenti dell'op. 9, Albinoni preferisce servirsi di una tessitura musicale più elaborata, diversamente dalla moda dell'epoca di semplificare questo movimento per permettere la libera improvvisazione dell'esecutore. 

La struttura a ritornelli si ripresenta nell'ultimo tempo (Allegro, 3/8) che con quello iniziale condivide non solo la stessa struttura formale ma anche un identico percorso armonico: do maggiore - sol maggiore - la minore - mi minore - do maggiore. La diversità più evidente tra i due movimenti è costituita, oltre che dal ritmo, dal comportamento dei soli che, a differenza del primo movimento, hanno carattere tematico e sviluppano frequenti imitazioni.

Organico: 2 oboi, 2 violini, violetta, violoncello, basso continuo
Composizione: 1721 - 1722 circa
Edizione: Michel Charles Le Cene, Amsterdam, 1722
Dedica: Massimiliano Emanuele, duca di Baviera

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