giovedì 21 agosto 2025

Giorgio Scerbanenco - Tiro all'uomo


Al venne condotto in fondo al salone della villa e Green lo legò agli elementi del calorifero.
«Al» gli disse Mattews, il capo, mentre tutti gli altri della gang si erano zittiti. «Non hai che un mezzo per salvarti la pelle. Se ci dici chi è che ti ha scaldato la testa e perché volevi tradirci per il colpo alla banca, ti lascio andar libero appena hai parlato, come è vero che mi chiamo Mattews».
Green, scettico, intervenne: «Perdi il tempo, Matt. Non sputerà niente con le buone maniere».
Invece la piccola Dubby disse con indifferenza: «Zitto, Green. Matt ne sa più di te». E fissò Al con curiosità, divertita.
Al deciso, a denti stretti, guardò tutti senza paura e disse soltanto: «No».
Allora Matt fece un gesto e il negro Walt si avvicinò ad Al, gli aprì la bocca a forza, gliela riempì con la carta di giornale, poi col cerotto gli chiuse le labbra.
Al vide gli altri che si ritiravano in fondo al salone, all’altro angolo. Sentì Matt che iniziava il terribile gioco che doveva farlo parlare: «Sparate al traditore, ragazzi. Cento dollari al colpo. Chi lo colpisce dove ha dichiarato prende il doppio».
Cominciò Mickey, il piccolo, «Al braccio destro» disse, poi alzò il revolver e fece partire il colpo.
Al si contorse per il dolore della ferita che già gli bagnava di sangue la manica destra. Il suo volto luccicò di grosse gocce di sudore, ma quando Green che gli era vicino gli alzò il viso e gli disse: «Parla vigliacco!», egli scosse il capo. No, non avrebbe parlato.
«Tiro io» fece allora Drum, gli occhi lucidi di piacere. «Alla spalla» e mirò. Ma il proiettile fece un buco nel muro.
«Ancora!» gridò Drum. Questa volta Al picchiò la testa contro il muro e il suo volto terreo si rigò di lagrime. Era stato colpito.
Dopo tirò Wanger, poi Sheell che era ubriaco e sbagliò quattro colpi. Ed Al non sveniva. Alto, grosso, si divincolava, sbatteva il capo contro il muro, gli occhi arrossati, pieni di disperazione, ma non parlava.
La piccola Dubby, che fino allora aveva fumato, buttò il mozzicone in terra, dette uno strano sguardo ad Al, poi disse a Mattews: «Tiro io, Matt».
«Smettila, piccina» disse Matt seccato.
«So tirare anch’io», rispose Dubby. «Guarda: alla bocca». Ed Al questa volta abbassò il capo per sempre, con un foro nel cerotto che gli chiudeva la bocca.
La banda di Matt aveva castigato il suo traditore.
 
Allora Mattews si volse a Green: «Adesso va a prendere i soldi della banca, Green, e portali qui che facciamo i conti. Fino a giovedì è vacanza».
«Bene, Matt», e Green uscì. Non aveva bisogno di andare a prendere i soldi in nessun posto, perché i soldi li aveva indosso lui. Uscì nel giardino e da una finestra vide Mattews che parlava coi suoi. Scavalcò il cancello e corse verso l’autostrada dove l’attendeva Minnie con la sua auto.
Dopo poco arrivò, «Fammi posto, Minnie!» gridò. Si mise al volante e buttò subito la macchina a novanta, verso l’aeroporto.
«Tutto fatto, Minnie. Duecentosettantaduemila dollari. Domani siamo a New York, con la banda di Buck, e di’ a Mattews che venga a prenderci, se vuole!».
L’indomani erano a New York. Green condusse Minnie in un alberghetto della 12ª Strada.
«Minnie, vai a telefonare a Buck che sono arrivato e che venga a trovarmi perché non mi fido ad andare in giro. Io vado a dormire».
Quando Minnie tornò all’alberghetto Green già dormiva. Essa si spogliò e gli si mise accanto fumando una sigaretta. Verso le sei di sera Green si svegliò e vide Minnie che stava per bere un cocktail che aveva ordinato.
«Dammene un sorso, Minnie». Poi se lo bevve tutto, accarezzandole la spalla nuda. «E Buck non viene» brontolò. «Basta, vado io».
S’alzò, si lavò, si vestì, s’assicurò di avere sempre con sé i soldi e la rivoltella carica. Poi fece per uscire, ma barcollò, improvvisamente, si strinse la testa fra le mani e stramazzò a terra: «Sei una cagna, Min…».
Allora Minnie staccò il ricevitore del telefono. Telefonava a Mattews che era giù, al bar dell’albergo: «Sei tu, Mattews? Puoi salire. Dormirà fino a giovedì come una marmotta».
«Brava Minnie», rispose Mattews, sempre severo, però. «Era con Green che Al s’era messo d’accordo, per far fuori i soldi. Tirate pure senza paura, ragazzi. Cento dollari al colpo…».
C’era anche la piccola Dubby che l’interruppe:
«Basta Matt, lo sappiamo. Adesso fammi tirare».
E quando ebbe la rivoltella in mano mirò a Green con precisione, ma prima di premere il grilletto spostò improvvisamente l’arma verso Mattews e gli fece un foro nella fronte.
Era il segnale. Un nugolo di G-Men che sostava a cento metri dalla villa circondandola, avanzò a cerchio mitragliando, e mezzo minuto dopo era nella sala.
Ma ormai la piccola Dubby era già a terra, morente per una sanguinosa ferita al collo. L’ispettore Nearson le si inginocchiò accanto e le sollevò il capo: «Miss Rean…».
La G-Woman aprì gli occhi: «Povero Al…» mormorò. «Ho dovuto ucciderlo io perché mi faceva pena… Ma l’ho vendicato…» reclinò un poco il capo. «Stavo per tirarlo fuori da questa maledetta banda quando l’hanno scoperto… anzi dovevamo sposarci a settembre… io e Al…». E s’irrigidì.
Allora l’ispettore Nearson si levò il cappello.

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