venerdì 12 aprile 2024

Capitolo 11: Lunedì 22 maggio 2017, ore 00.25


Alla seconda pinta di caffè Stefano è ancora lì fermo alla sua postazione. Non ha ancora aperto la cartellina. Sta rimuginando sull’esperimento del pomeriggio, c’è qualcosa che non quadra, c’è qualcosa che gli sfugge.

“Grogghino può aver ragione: il corpo è caduto all’indietro, spalle al vuoto, si è appoggiato alla ringhiera e quella ha ceduto. Ma perché si è appoggiato alla ringhiera? Cosa può aver mai visto che lo ha spaventato tanto, tanto da morire? Perché è chiaro che Giorgio è arrivato in balcone, o c’era già, poi di colpo si gira e... ZAC... un passo indietro, la ringhiera, il volo. Non urla, lo avrebbero sentito, sgrana gli occhi, è stupito, forse incredulo, forse c’era qualcosa o qualcuno che non doveva essere lì. E lui si volta, si spaventa, si stupisce e... muore. Una cosa è certa, non viene spinto. La posizione di ringhiera e cadavere sul terreno e la loro distanza dal muro del palazzo è tale da scartare l’ipotesi di una spinta. Uno spintone li avrebbe allontanati di più dal palazzo e, forse, avrebbe separato il corpo dalla ringhiera, il corpo sarebbe caduto diversamente, come dimostrato nell’esperimento, Giorgio si sarebbe dimenato in partenza e nella caduta, per istinto di sopravvivenza. Qui no, qui Giorgio vola giù silente, non è spaventato ma sorpreso, attonito. Quel qualcosa o qualcuno lui lo conosce bene, lui accetta la situazione suo malgrado e lui si lascia morire arrendevolmente.” Stefano chiude gli occhi, si posiziona sul balcone e si immedesima in Giorgio. “Innanzi tutto, sono già lì o sto arrivando? Sto arrivando; se fossi già lì, probabilmente, vista la bella serata, mi sarei appoggiato alla ringhiera e mi sarei accorto che ballava troppo oppure sarei volato di sotto di faccia, ma urlando a più non posso. Invece sono arrivato fin lì mentre Lara stava girando per casa in preda al sonnambulismo. Quindi io ero a letto... dormivo o aspettavo che lei rientrasse? Se dormivo qualcosa deve avermi svegliato. Se aspettavo che lei rientrasse perché sono andato a controllare?”

Stefano stringe gli occhi fino a vedere le stelline, sembra che esca fumo dalla sua testa, poi di colpo si schiaffeggia con il palmo della mano destra la fronte, su un foglio scrive un appunto, batte un pugno sul tavolo e infine prende la cartellina. 

«La mattina del 10 maggio una chiamata al centralino avverte che un tale si è buttato dal balcone di casa sua, in via Pasteur a Modena. Una volante e un’ambulanza vengono inviate in loco. Nel giardino del palazzo viene rinvenuto un soggetto, evidentemente morto, che giace in posizione supina sopra a una grata, che successivamente verrà identificata come la ringhiera appartenente a un balcone del suo appartamento sito al nono piano dello stesso palazzo. Considerata l’innaturale posizione e conseguente deturpazione del corpo per via della caduta da posizione elevata, il tutto viene coperto e la zona transennata» inizia a leggere Stefano a voce alta. Prende poi visione delle foto, osserva con attenzione i resti mortali del povero Giorgio, sembra che dorma, come ha detto Grogghino ha una strana espressione, stupita. Gli arti sono in posizioni innaturali, sicuramente fratturati, non c’è sangue all’esterno. Una caduta del genere sbriciola le ossa, il versamento interno è stato sicuramente letale, poco importa se Giorgio è morto all’impatto della grata sul terreno oppure per un infarto durante la caduta, è morto, amen. Anche la distanza della grata dal palazzo conferma le prove spinto. E’ caduto e basta.
«All’arrivo del commissario Guicciardi una folla di curiosi sostava all’ingresso del giardino del palazzo, dallo stesso lato della caduta gli inquilini erano affacciati, composti e silenti. Alcuni colleghi hanno cercato di informarsi sull’accaduto, ma nessuno sapeva nulla, il volo deve essere avvenuto alle ultime ore della notte e poco prima dell’alba, quando tutti dormivano. Il commissario ha fatto il giro degli appartamenti da quel lato, per chiedere o avere informazioni, ma sembra che nessuno sapesse o avesse sentito nulla. Negli appartamenti attigui a quello del morto pare che nessuno abbia udito urla o litigi, una notte come tante altre.»

“Proprio come dico sempre io, la gente sembra aver paura di parlare con le forze dell’ordine, cacchio, qualcuno deve aver pur sentito qualcosa, magari ponendo le domande giuste nel modo giusto... Ecco un’altra cosa da fare.”

«L’appartamento si sviluppa su una superficie di poco oltre 150mq, non disordinato se non per alcune porte aperte e altre chiuse, sedie messe non accanto ai tavoli ma in mezzo alle stanze. La signora Lara, la moglie del malcapitato, è stata trovata in cucina, rannicchiata tra il frigo e la dispensa, in netto stato confusionale. Accompagnata da una collega è stata condotta in casa di una vicina, tale signora Iside.»

“L’Iside, ecco, il perno è l’Iside. Domani devo assolutamente parlarle.”

«Tutte le finestre erano chiuse, solo le tapparelle dei due balconi erano sollevate e le porte finestra aperte. Il balcone anteriore, grande, che dà sulla strada, presentava le veneziane abbassate, mentre quello posteriore, piccolo, che dà sul giardino interno, era completamente aperto. Entrambi i ballatoi dei balconi sono risultati privi di qualsiasi oggetto, come anche per tutta la casa gli unici arredi fuori posto erano le sedie. La signora Iside ci ha spiegato che il signor Giorgio era solito transennare un percorso interno poiché la signora Lara soffre di sonnambulismo, cosicché lei potesse girare tranquilla per l’appartamento quando era vittima di attacchi, in questo modo percorreva un percorso sicuro senza ogni volta sbattere di qua e di là, facendosi lei male e creando disturbo agli appartamenti limitrofi.»
“Dunque, dalle informazioni quello era il mese del non farmaco, quindi quella notte Lara girovagava per casa e Giorgio era tranquillo a letto ad aspettare che la moglie ritornasse dal giro. Ok, allora, perché si è alzato? Cos’è che ha interrotto la sua attesa e lo ha attirato in balcone?”

«Nell’appartamento abbiamo trovato le solite cose, scope, spazzoloni, secchi, bacinelle, cassetta degli attrezzi, scala in alluminio… Il balcone in questione era completamente libero, sul pavimento nell’angolo più piccolo della porta finestra un alone calcareo caratteristico di un oggetto contenente acqua tipo sottovaso, segno che lì doveva esserci, forse, una pianta. All’altezza della ringhiera che è volata di sotto, abbiamo constatato che essa non si era sganciata dal muro per un cedimento strutturale, bensì era stata abilmente svitata, segno di malevola intenzione di farla cadere. Abbiamo controllato la cassetta degli attrezzi trovata nello sgabuzzino e, guarda caso, c’erano varie chiavi inglesi che presentavano rigature e segni compatibili con il muro del balcone. Su questi abbiamo rinvenuto solo le impronte della vittima.»

“Eccolo lì! Il vaso di miseria! Ah Grogghino, sei un mito!” 

Stefano prende il cellulare, compone un numero, dopo alcuni tut tut una voce gutturale risponde.


«Ma ti sembra questa l’ora di rompere i coglioni alla gente? Se non hai nulla da fare, fai un giro alla Bruciata e sfoga i tuoi bollenti spiriti!»
«Scusa Luca, ma è importante.»
«Importante per importante, ma sono le cinque del mattino, cazzo, va bene che io mi alzo presto, ma lasciami almeno godere l’ultima ora di sonno, porca vacca boia schifosa troia...»
«Dai Luca, ascolta. Quando è partita questa storia, mi hai detto che l’Iside aveva informato l’amica tua vicina del volo di Giorgio, che tu avevi procurato all’Iside indumenti per il cane, ciò significa che anche lei si alza presto, quindi, per favore, becca la vicina appena scendi e chiedile se posso telefonarle, o meglio, chiedile se può combinarmi per stamane un appuntamento con l’Iside appena rientra con il cagnetto, poi mi mandi un SMS con l’orario, così potrò essere là in tempo utile. Grazie, a buon rendere.»

Stefano riattacca appena in tempo per non sentire la sfilza di saracche e improperi che l’amico gli ha lanciato per l’etere.
 

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