lunedì 29 aprile 2024

Robert Ludlum: Il treno di Salonicco


9 dicembre 1939
Salonicco, Grecia

  Uno a uno i camion arrancarono su per la ripida salita nella luce che
precedeva lo spuntare dell'alba su Salonicco. Una volta in cima ognuno prese
un po' più di velocità; i guidatori erano ansiosi di ritornare nel buio della
strada di campagna che scendeva incassata attraverso i fitti boschi.
  E tuttavia ciascuno dei cinque guidatori nei cinque camion dovette dominare
la propria ansietà. Nessuno poteva staccare il piede dal freno o schiacciare
l'acceleratore oltre un certo limite; dovevano tenere gli occhi socchiusi,
aguzzando lo sguardo, pronti a una fermata improvvisa o a una curva
inaspettata nel buio.
  Perché l'oscurità era completa. La colonna viaggiava a fari spenti nella
sola luce grigia della notte greca, al chiarore della luna greca che filtrava
attraverso le nuvole basse.
  Il viaggio era un esercizio di disciplina. E la disciplina non era ignota a
quei guidatori, o ai viaggiatori che sedevano accanto a loro.
  Erano tutti preti. Monaci. Dell'Ordine di Xenope, la più rigida comunità monastica alle dipendenze del Patriarcato di Costantinopoli. Una cieca obbedienza unita all'abitudine di fare affidamento solo su se stessi; una disciplina che durava fino alla morte.
  Nel camion in testa alla colonna, il giovane prete con la barba si tolse la
tonaca, sotto cui indossava vestiti da operaio, una camicia pesante e
pantaloni di stoffa grezza. Arrotolò la tonaca e la posò sul fondo dietro il
sedile dall'alto schienale, ficcandola in mezzo ad altra roba di tela e di
panno. Poi parlò al guidatore vestito con la tonaca che gli stava accanto.
  "Non c'è più di un chilometro, ormai. Il tratto di ferrovia corre parallelo
alla strada per un centinaio di metri, all'aperto. Sarà sufficiente."
  "Il treno sarà lì?" domandò il monaco di mezza età, dalla corporatura
poderosa, socchiudendo gli occhi nell'oscurità.
  "Sì. Quattro vagoni merci, un solo macchinista. Nessun fochista. Nessun
altro."
  "Userai una pala, allora" disse il prete più vecchio, sorridendo ma senza
allegria negli occhi.
  "Userò la pala" rispose semplicemente l'uomo più giovane.
"Dov'è l'arma?"
  "Nel cassetto del cruscotto."
  Il prete vestito da operaio allungò una mano e sganciò il fermo del
cassetto. Lo sportello si aprì. Vi infilò la mano e ne tirò fuori una pesante
pistola di grosso calibro. Con gesti svelti e abili il prete estrasse il
caricatore dall'impugnatura, controllò le munizioni e lo rimise a posto nella
camera di scoppio. Si udì uno scatto secco, deciso.
  "Un'arma potente. Italiana, vero?"
  "Sì" rispose il prete più vecchio senza commenti. Nella sua voce c'era solo
tristezza.
  "E' quel che ci vuole. Oltre, credo, a una benedizione." L'uomo più giovane
si infilò l'arma nella cintura.
"Chiamerai la sua famiglia?"
  "Così mi è stato ordinato..." Era evidente che il guidatore voleva dire
qualcos'altro, ma si controllò. In silenzio strinse il volante più forte del
necessario.
  Per un momento la luna uscì dalle nubi, illuminando la strada tracciata in
mezzo ai boschi.
  "Venivo qui a giocare da bambino" disse l'uomo più giovane. "Correvo in
mezzo ai boschi e mi bagnavo nei torrenti... poi mi asciugavo nelle grotte
delle montagne e fingevo di avere le visioni. Ero felice su questi monti. Il
Signore ha voluto che li rivedessi ancora. E' misericordioso, è buono."
  La luna scomparve. Fu di nuovo buio.
  I camion abbordarono una larga curva verso occidente; i boschi si diradarono
e in lontananza, a malapena visibili, spuntarono le sagome dei pali del
telegrafo, nere lance stagliate contro la notte grigia. La strada si raddrizzò
allargandosi e si aprì una radura che si allungava per forse un centinaio di
metri da bosco a bosco. Una distesa piatta e arida, innaturale nella miriade
di colline e foreste. Al centro della radura, con la grande mole seminascosta
dal buio circostante, c'era un treno.
  Immobile ma non inanimato. Dalla locomotiva uscivano volute di fumo che
salivano a spirale nella notte.
  "Ai vecchi tempi" disse il giovane prete, "i contadini riunivano in branco
le loro pecore e portavano qui sui carri il loro prodotto. C'era sempre una
grande confusione, mi diceva mio padre. Scoppiavano risse continue per
rivendicarne la proprietà. Erano storie divertenti... Eccolo!"
  Il raggio di un riflettore spuntò dall'oscurità. Per due volte tracciò un
giro intorno e poi rimase fermo, con la lama bianca diretta ora sull'ultimo
vagone merci. Il prete vestito da operaio prese una piccola pila dalla tasca
della camicia, la protese in avanti e schiacciò il bottone per due secondi
esatti. Il riflesso del parabrezza del camion illuminò per un attimo lo
stretto abitacolo. Gli occhi dell'uomo più giovane andarono velocemente alla
faccia dell'altro monaco. Vide che il compagno si era morso il labbro; un
rivoletto di sangue gli gocciolava sul mento, mescolandosi alla corta barba
grigia.
  Non c'era ragione di fare commenti.
  "Fermati al terzo vagone. Gli altri gireranno intorno e cominceranno a
scaricare."
  "Lo so" si limitò a dire il guidatore. Sterzò leggermente e si diresse verso
il terzo vagone.
  Il macchinista, in tuta e con un berretto di pelle di montone, si avvicinò
al camion mentre il giovane prete apriva lo sportello e saltava a terra. I due
uomini si guardarono e poi si abbracciarono.
  "Hai un aspetto diverso senza tonaca, Petride. Mi ero dimenticato com'eri..."
  "Oh, andiamo! Quattro anni su ventisette non sono poi tanti."
  "Non ti vediamo abbastanza spesso.
Lo dicono tutti in famiglia." Il macchinista staccò le mani grandi e callose
dalle spalle del prete. La luna uscì di nuovo dalle nuvole; il chiarore
illuminò la faccia dell'uomo del treno. Era una faccia forte, più vicina ai
cinquanta che ai quaranta, solcata di rughe, come quella di chi sta
perennemente al vento e al sole.
  "Come sta la mamma, Annaxas?"
  "Bene. Un po' più debole ogni mese che passa, alla sua età, ma sempre
sveglia."
  "E tua moglie?"
  "Di nuovo incinta, e questa volta non ne ride. Se la piglia con me."
  "E fa bene. Sei un vecchio lurido cane, fratello. Ma più virtuoso come
servitore della chiesa, questo sono lieto di dirlo." Il prete rise.
  "Glielo riferirò" disse il macchinista, sorridendo.
  Ci fu un momento di silenzio prima che il giovane rispondesse. "Sì,
diglielo." Si voltò a guardare l'attività che aveva cominciato a fervere
intorno ai vagoni merci. Le porte di carico erano state aperte e dentro erano
state appese le lanterne, che mandavano una luce opaca sufficiente per
caricare, ma non abbastanza forte da essere notata fuori. Le figure dei monaci
barbuti cominciarono ad andare rapidamente avanti e indietro tra i camion e le porte, portando casse, scatoloni di cartone pesante rinforzato con listelli di
legno. In rilievo su ciascuna cassa erano impressi il crocifisso e le spine
dell'Ordine di Xenope.
  "I viveri?" chiese il macchinista.
  "Sì" rispose suo fratello. "Frutta, verdura, carne secca, grano. Le guardie di confine saranno soddisfatte."
  "Allora dove?" Non era necessario essere più chiari.
  "In questo vagone. Nel mezzo, sotto i sacchi di tabacco. Hai messo qualcuno
di vedetta?"
  Sì, sia lungo i binari che sulla strada, per più di un chilometro di distanza, in tutte e due le direzioni.
Non ti preoccupare. Prima che spunti la domenica mattina, solo voi preti e
novizi avrete lavoro da fare e posti dove andare."
  Il giovane monaco lanciò un'occhiata al quarto vagone. Il lavoro progrediva
rapidamente; le casse venivano accatastate all'interno. Tutte quelle ore di
esercizio ora mostravano il loro valore. Il monaco che gli aveva fatto da
autista si fermò un attimo nella luce silenziosa della porta di carico, con
uno scatolone tra le mani.
Scambiò un'occhiata con l'uomo più giovane, poi si costrinse a spostare di
nuovo l'attenzione sullo scatolone, che depositò sul pavimento del vagone.
  Padre Petride si rivolse al fratello. "Quando sei salito sul treno, hai parlato con qualcuno?"
  "Solo col dirigente del traffico.
Naturalmente. Abbiamo bevuto tè nero insieme."
  "Che cosa ha detto?"
  "Per lo più parole che non ti ripeterò, per non offenderti. Le sue carte
dicevano che i vagoni dovevano essere caricati dai padri di Xenope nello scalo
più esterno. Non ha fatto nessuna domanda."
  Padre Petride guardò verso il secondo vagone, alla sua destra. In pochi
minuti sarebbe stato tutto pieno; e loro sarebbero stati pronti per il terzo
carro merci. "Chi ha preparato la locomotiva?"
  "Fochisti e meccanici. Ieri pomeriggio. Le istruzioni dicevano che doveva
servire di scorta; questo è normale. Le nostre macchine si guastano
continuamente. Ci prendono in giro in Italia... Naturalmente, ho controllato
tutto di persona parecchie ore fa."
  "Il dirigente del traffico può avere qualche ragione per telefonare allo
scalo merci? In teoria, dove dovremmo essere a caricare i vagoni?"
  "Dormiva già, o quasi, prima che io lasciassi la cabina. Passerà almeno
un'altra ora..." il macchinista alzò gli occhi al cielo grigio scuro "prima che cominci il traffico del mattino.
Non c'è alcun motivo per cui telefoni a nessuno, a meno che il radiotelegrafo
non dia notizia di un incidente."
  "Il telegrafo è stato messo fuori uso; dell'acqua in una cassetta terminale" disse in fretta il prete, ma come se parlasse a se stesso.
  "Perché?"
  "Nel caso che tu avessi avuto davvero dei problemi. Hai parlato a nessun
altro?"
  "Non ho parlato con anima viva. Ho controllato i vagoni per assicurarmi che
dentro non ci fosse nessuno."
  "A quest'ora hai studiato bene il nostro programma. Cosa ne pensi?"
  L'uomo del treno emise un fischio soffocato, agitando la testa. "Ne sono
letteralmente sbalordito, fratello.
Potrà essere così... così ben congegnato?"
  "Gli accorgimenti sono stati presi con cura. E dei tempi cosa pensi? E'
questo il fattore importante."
  "Se non ci sono guai sulla linea ferroviaria, la velocità può essere mantenuta. I poliziotti di frontiera slavi a Bitola sono famelici e pronti a farsi corrompere; e un carico greco a Banja Luka è una facile preda. Non avremo guai nemmeno a Sarajevo o Zagabria; a quelli interessano molto più i soldi del cibo per i religiosi."
  "Io ti ho chiesto dei tempi, non di come si può corrompere la gente."
  "E' la stessa cosa. Bisogna contrattare."
  "Solo contrattando, non si desterebbero sospetti. Possiamo arrivare a
Monfalcone in tre notti?"
  "Se i vostri accorgimenti avranno successo, sì. Se anche perdiamo del tempo,
possiamo recuperarlo nelle ore del giorno."
  "Solo come estrema risorsa. Dobbiamo viaggiare di notte."
  "Siete caparbi."
  "Siamo prudenti." Il prete distolse di nuovo lo sguardo. Il primo e secondo
vagone erano pronti, il quarto sarebbe stato caricato e sistemato nel giro di
un minuto. Tornò a rivolgersi al fratello. "In famiglia crederanno che tu stia
portando un merci a Corinto?"
  "Sì. A Navpaktos. Allo scalo marittimo nello stretto di Patrasso. Non mi aspettano di ritorno prima di una settimana."
  "Ci sono scioperi a Patrasso. I sindacati sono arrabbiati. Se anche ritardassi di qualche giorno, capirebbero."
  Annaxas guardò attentamente il fratello. Il modo in cui il giovane prete
conosceva le cose di questo mondo sembrava sorprenderlo. Ci fu un'esitazione
nella sua risposta.
"Capirebbero. Anche tua cognata capirebbe."
  "Bene." I monaci si erano riuniti accanto al camion di Petride, lo guardavano in attesa di istruzioni.
"Ti raggiungerò sulla locomotiva fra poco."
  "Benissimo" disse l'uomo del treno, incamminandosi e lanciando occhiate ai
preti.
  Padre Petride tirò di nuovo fuori la pila dalla tasca della camicia e
nell'oscurità si avvicinò agli altri monaci presso il camion. Cercò l'uomo dalla corporatura poderosa che gli aveva fatto da autista. Il monaco capì e si staccò dagli altri, raggiungendo Petride lungo il fianco del veicolo.
  "Questa è l'ultima volta che ci parliamo" disse il giovane prete "Che Dio
benedica..."
  "Per piacere" l'interruppe Petride.
"Non è il momento. C'è solo da imparare a memoria ogni mossa che facciamo qui stanotte. Ogni cosa. Tutto dovrà essere copiato esattamente."
  "Così sarà. Stesse strade, stessa disposizione dei camion, stessi guidatori,
stessi documenti al posto di confine per Monfalcone. Non ci sarà nulla di
diverso, tranne che uno di noi mancherà."
  "Questa è la volontà di Dio. Per la gloria di Dio. E' un privilegio che non
merito."

 

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