(Zagarolo, 16 luglio 1904 – Roma, 3 marzo 2003)
Iniziati relativamente tardi gli studi musicali, Ii compì con Bustini e Germani a S. Cecilia di Roma, dove insegnava dal 1939. Dal 1937 al '40 è stato sovrintendente della Fenice a Venezia e dal 1947 al '50 direttore artistico dell'Accademia Filarmonica Romana, mentre dal 1954 al '56 ha presieduto la Società Internazionale di Musica Contemporanea. Svolgeva intensa attività didattica (dal 1958 è stato titolare del corso di perfezionamento per compositori dell'Accademia di S. Cecilia a Roma) e si è presentato in pubblico
anche come direttore di composizioni proprie.
Petrassi entrò ben presto in contatto con la migliore tradizione italiana vocale e strumentale del '500-'600. Pur risentendo inizialmente l'influenza dello stile neoclassico, individuò poi un linguaggio personale, caratterizzato da un ampio senso della vocalità e da un'ariosa polifonia: in questo senso è stato, accanto
a Dallapiccola, tra i maggiori rappresentanti di ciò che è stato chiamato "neomadrigalismo" italiano, mentre dopo la seconda guerra mondiale il suo interesse si è spostato con maggior frequenza alle forme strumentali.
Alieno - almeno inizialmente - da ogni influenza dodecafonica, il suo spirito lo portò ben presto a seguire con interesse gli sviluppi delle nuove tecniche seriali; e senza mai assumere apertamente la tecnica schonberghiana, ne ha assorbito esemplarmente lo spirito nella produzione più recente. Le acquisizioni della "musica seriale," definitasi a Darmstadt, hanno trovato in Petrassi un osservatore attento, che ha adottato un linguaggio liberamente cromatico e atonale avvicinandosi a tratti perfino al principio della "alea," inaugurato da Boulez e Stockhausen.
Nella parabola compiuta da Petrassi si individua peraltro un'evoluzione assai coerente. Egli non ha mai ubbidito alla moda corrente, ma ha elaborato e maturato elementi di linguaggio già presenti nelle prime composizioni, vagliandoli al livello dell'attuale coscienza musicale europea: ha trovato cosi la strada della propria individuazione, e rimane a tutt'oggi una personalità in divenire, ricca di fermenti, amante della ricerca, interessante in ogni sua nuova produzione.
Come si è detto, in Petrassi ha svolto un ruolo di primo piano la musica vocale: oltre alle opere Il Cardavano (1949) e Morte dell'aria (1950) ricordiamo il Salmo IX per coro, orchestra e due pianoforti (1936), Coro di morti (1941) e Noche oscura (1950), oltre ad alcune liriche e inni per voce e strumenti o voce
e pianoforte. Nel campo della musica da camera è autore di un quartetto (1956), della Serenata per cinque strumenti (1958), di un Trio (1959) e di vari pezzi per pianoforte. Ha composto anche 2 balletti, musica di scena e per film.
Partita (1932)
Analogamente a Dallapiccola e Ghedini, Petrassi inizia la sua produzione orchestrale con una Partita: il che significa allacciamento diretto e intenzionale all'antica musica strumentale italiana (tipica della seconda metà del '600), nell'aspirazione a rinnovare e ridar significato moderno a una forma classica prediletta dagli antichi maestri. Il musicista rivive peraltro in maniera tutta moderna e personale lo spirito della musica barocca italiana: e di tipicamente italiano vi è nella Partita il discorso melodico luminoso e disteso, il ritmo vigoroso, lo strumentale energico e limpido, un linguaggio fondamentalmente diatonico a basi chiaramente tonali. Chiare sono d'altronde anche le influenze dei maggiori musicisti contemporanei, da Bartòk a Stravinski (si noti a proposito di quest'ultimo la velata citazione dall'Uccello di fuoco, affidata al saxofono nel primo tempo), sì che la Partita è la testimonianza viva di un musicista impegnato in un'operazione di rinnovamento di linguaggio che non vuole d'altra parte rinnegare la propria tradizione.
La successione dei tre tempi è quella della partita classica: "Gagliarda" ('Mosso ed energico' in 3/4), "Ciaccona" ('Molto moderato' in 3/2, forse il brano migliore della composizione) e "Giga" ('Gaio e leggero' in 12/8-4/4), il pezzo più brillante dell'intera Partita.
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