domenica 20 agosto 2023

Francis Poulenc

 

Parigi 7-I-1899 - ivi 30-I-1963

Sostanzialmente autodidatta per la composizione, fu attratto alla musica fin dalla più giovane età, e ben presto entrò a far parte a Parigi del "Groupe des Six," con cui collaborò nel balletto Les Mariés de la Tour Eiffel ( 1921), mettendosi in luce nel contempo anche con altre composizioni vocali e strumentali.
Dal 1921 al '24 si perfezionò con Koechlin estendendo in pari tempo i suoi contatti musicali agli ambienti di Vienna e di Roma. Fu attivo come brillante pianista, anche in duo col violoncellista P. Fournier.
Pur vantando che « il mio 'canone' è l'istinto, » la sua musica denota una mano esperta e una capacità di costruzione tipica del resto di tutta la scuola francese. Passato attraverso le esperienze più diverse, si è ancorato intorno al 1930 a una sorta di neoclassicismo che non rinuncia a un'orecchiabilità facile
e invitante, confinando talora con una musica che potremmo definire di carattere decisamente "leggero," dal gusto non sempre controllato, vicino in tal senso ad altri compositori contemporanei francesi come Françaix o l'ultimo Milhaud.
Grande successo ha ottenuto la sua opera lirica Dialoghi delle Carmelitane (1957), ma altre esperienze teatrali Poulenc le ha fatte con le Mammelle di Tiresia (1947) e con il monologo scenico La Voce umana ( 1959), oltre che con alcuni balletti. Ha composto gran quantità di musica vocale - che va considerata tra il meglio della sua produzione - e da camera, oltre a pezzi per pianoforte e per vari complessi strumentali, anche in collaborazione con altri musicisti.


Concert Champêtre per Clavicembalo e Orchestra (1928)
Pezzo di obbedienza strettamente neoclassica, il compositore vi sa ricreare con sottile gusto tutto francese i modi espressivi dei clavicembalisti del '600-'700, non solo francesi ma anche tedeschi (basti dire che nel finale vi è una
citazione quasi letterale di una variazione dell'Aria per clavicembalo di Handel detta del "fabbro armonioso"). A questa intenzione di "rifacimento"  corrisponde appunto la scelta dello strumento solista, che solo in casi di assoluta necessità può essere sostituito dal pianoforte. Alcune pagine sono di pomposa sontuosità barocca, altre di una leggera scorrevolezza quasi rococò, dove rivive ironicamente lo spirito di Rameau e dei Couperin.
Il primo tempo è un " Adagio-Allegro molto " dove fa spicco una sezione centrale " tragica " (cosi indica la soprascritta), dove sembra di avvertire inaspettatamente degli accenti stravinskiani, dello Stravinski grottesco e acido di Petruska; segue un " Andante (Movimento di siciliana) " e conclude un " Presto " dalla strumentazione secca e brillante, in cui il solista interviene con una funzione quasi integrativa, nello stile del vecchio concerto grosso.

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