lunedì 20 marzo 2023

Capitolo 41: Il pianoforte, Modena, maggio 1965

Oggi si trasloca, per l’ennesima volta, ormai ho perso il conto.
Da Modena a Medolla poco dopo che sono nato, a Medolla tre appartamenti nell’arco di sei anni. Prima sopra al macellaio in fondo al paese, poi di fronte alla scuola sopra la ferramenta e infine all’angolo con la strada che porta alla Farmacia dello zio Giovanni. Nel '63 siamo tornati a Modena, qui, in Via Torre, al quarto piano senza ascensore, e adesso, cambiamo ancora, uffa… andremo in Corso Cavour, fuori dal centro storico, dietro l’Accademia Militare.
Penso mi mancherà questo appartamento, a parte la fatica per salire tutte queste scale, ma io mi ci sono affezionato. 
La mattina mi sa che aprendo le finestre non vedrò più la punta della Ghirlandina, non sentirò più i garriti delle rondini festose, non potrò più giocare a pallone nella mia enorme camera da letto, non vedrò più la Zenaide, non andrò più a messa in Duomo, non sentirò più le barzellette di Franz, non vedrò più quel ragazzino meridionale che si ubriacava già dalla mattina nell’osteria qui sotto, non vedrò più i tetti imbiancati dalla neve, non vedrò più la pelata di Alessandro Tassoni e i leoni di marmo, non sentirò più la puzza di pesce della pescheria…
C’è un gran via vai, i traslocatori vanno su e giù a piedi con la nostra roba in spalla, sono incredibili, sono dei veri forzuti.
Ecco, uno si carica una poltrona e giù, come se portasse un materasso di piume, non se ne accorge nemmeno, e salgono e scendono mille volte, senza un lamento, senza il fiatone.
Ormai in casa non c’è più nulla, solo io e il nonno, che qualche lacrimuccia le sta spargendo qua e là, lui vive qui da più di vent'anni... Oddio! scordavo il pianoforte a coda!
Voglio proprio vedere come fanno con questo, è enorme. Arrivano, prendono delle misure a occhio, parlottano un po’, poi il capo batte le mani e tutti partono all’attacco dell’ultima impresa.
Secondo me non esce, secondo me devono smontare le porte, secondo me non passa per le scale ... e invece mi sono sbagliato!
In sei lo sollevano, stavolta facendo un po’ di sforzo, piegandolo di qua e di là riescono a portarlo sul pianerottolo, poi, tenendolo sollevato per aria, cominciano a scendere le scale, con le braccia alzate e molto lentamente arrivano fino in fondo.
Col nonno chiudiamo casa, prendiamo le bici e andiamo nella nuova dove il trasloco all’inverso è già iniziato.
Alla fine, come prima, resta il pianoforte.
Però qui, rispetto a prima, non c’è la tromba delle scale, che è occupata dall’ascensore, e per di lì non può proprio passare.
Altro conciliabolo, altro battito di mani, altra sfida. Girano intorno al palazzo, sistemano il camion sotto al parapetto dei terrazzi e guardano in su.
Qui abitiamo al primo piano e abbiamo un terrazzo enorme.
Tre di loro si affacciano al parapetto, gli altri di sotto hanno imbracato il pianoforte con grosse corde piatte ed ora lanciano ai compagni i capi liberi.
I tre di sotto lo sollevano e i tre di sopra lo tirano verso l’alto. 
Digrignano i denti, fanno facce strane, contraggono i muscoli ed emettono strani versi, ma dopo cinque minuti il pianoforte è sul terrazzo, dagli appartamenti attorno si alza un applauso, se lo sono meritato.

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