Maestria letteraria, fluidità e grande suspense, in un romanzo che corre rapido verso il punto di massima tensione, mentre il mondo precipita verso il disastro bellico.
La pistola in vendita è Raven, un assassino a pagamento, un sicario solitario che viene assoldato per eliminare un importante uomo politico straniero. Soffiano venti di guerra (il libro è del 1936) e la vittima designata è un socialista pacifista. Raven assolve il suo incarico con freddezza e completo disinteresse non solo verso il nobile personaggio che uccide per danaro insieme all’innocente segretaria, ma anche verso le conseguenze tremende del suo atto, cioè la guerra.
Da questo punto comincia il capolavoro letterario di Graham Greene: il compito, diceva lo scrittore, di rendere simpatiche al lettore persone che non hanno alcun diritto alla simpatia. Contro Raven comincia una caccia feroce, della polizia e anche dei mandanti che lo vogliono morto per eliminare ogni possibile collegamento con l’omicidio. E mentre scappa, la «pistola» cerca i suoi mandanti per vendicarsi. In questa corsa a perdifiato, il lettore scopre Raven, le sue origini, le sue motivazioni, i suoi dolori, le sue disperate speranze. E assiste alla impressionante tragedia di una redenzione che nessuno nel libro avrà visto. «Greenelandia» hanno denominato i critici il cupo e animatissimo universo che l’autore ha messo su con la sua opera. Una pistola in vendita è tra i romanzi che più rendono manifesto questo lavoro costruttivo: per esempio nel contrasto tra il dramma che trascina nell’inferno un personaggio esecrabile – se lo si guarda con incomprensione – e la sciocca futilità che starnazza intorno a degli individui normali. È il modo che ha l’autore di andare al cuore del paradosso che è dentro ogni persona umana. Così i ritratti trascinati dal destino di Graham Greene, riflessi con molti altri mezzi, dal teatro al cinema, che hanno contribuito a renderli indimenticabili, sono proverbiali, magnifici e potenti.
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