É il 1963. L'OAS, l'organizzazione eversiva francese, É ridotta alla disperazione. Nonostante sei tentativi, i militari ribelli non sono riusciti a realizzare il loro primo obiettivo: eliminare il generale de Gaulle, l'uomo che, a loro avviso, ha tradito la Francia, consegnando l'Algeria agli Algerini.L'OAS, assediata dai servizi di sicurezza della nazione, è sul punto di disintegrarsi. Ma il suo capo escogita un piano a prova di errore, basato su un sicario talmente abile nel suo mestiere da essere sconosciuto alle polizie di tutto il mondo: una specie di uomo invisibile, capace di passare indenne attraverso gli sbarramenti protettivi eretti intorno alla persona del Presidente, di giungere sul luogo dell'appuntamento per compiere la sua sinistra missione e infine dileguarsi nell'anonimato.Benché tutti conoscano la conclusione della vicenda, l'abilità eccezionale con cui l'autore sa fondere realtà e fantasia ci tiene col fiato sospeso fino all'ultimo istante di questa drammatica caccia all'uomo-ombra.
Anatomia di un complotto.A Parigi, alle sei e quaranta di un mattino di marzo, faceva freddo:e sembrava ancora più freddo, poiché un uomo stava per esserefucilato dal plotone di esecuzione. A quell'ora, l'11 marzo 1963, uncolonnello dell'aviazione francese stava davanti al palo piantato nellaghiaia gelata del cortile della prigione militare di Fort d'Ivry, mentregli avvolgevano una benda intorno agli occhi. Il crepitare dei fucilinon provocò alcun fremito sulla superficie della città che stavasvegliandosi, solo il battito d'ali dei piccioni che si alzarono in voloverso il cielo ancora grigio.La morte del tenente colonnello Jean-Marie Bastien-Thiry, il capodi una banda di terroristi dell'OAS che aveva cercato di uccidere ilPresidente della Repubblica francese, avrebbe dovuto porre fine agliattentati alla vita del Presidente stesso. Per un gioco del destino, essa,invece, ne segnò un inizio, e per spiegarne il motivo É necessariorisalire alla sera del 22 agosto 1962, il giorno in cui Bastien-Thiry avevadeciso che il generale Charles de Gaulle doveva morire.Il sole era finalmente calato dietro le mura del palazzo dell'Eliseo,e lunghe ombre si proiettavano attraverso il cortile, portando un graditosollievo alla calura estiva. Mentre gli abitanti della città si accingevanoa fuggire verso il relativo refrigerio dei fiumi e delle spiagge,la riunione di gabinetto proseguiva dietro la facciata decorata delpalazzo. Sulla ghiaia scura del cortile prospiciente, sedici lunghe e nereCitroen DS berlina aspettavano una in coda all'altra.Fu soltanto alle diciannove e trenta che i ministri scesero allaspicciolata la scalinata per salire a bordo delle rispettive auto. Soltantodue Citroen, alla fine, rimasero nel cortile.Alle diciannove e quarantacinque apparve Charles de Gaulle, cheportava come sempre un doppiopetto color grigio-antracite e la cravattascura, e scese lentamente le scale con la moglie Yvonne, dirigendosiverso la prima Citroen. L'auto, su cui batteva l'insegna del Presidentedella Repubblica francese, era guidata da Francois Marroux, unautista della polizia con nervi d'acciaio, capace di guidare velocementee con assoluta sicurezza. La moglie del Presidente prese posto sulsedile posteriore e il generale si accomodò accanto a lei. Il colonnelloAlain de Boissieu, loro genero, prese posto sul sedile anteriore,accanto a Marroux.Sulla seconda auto, Henri Djouder, l'imponente guardia del corpodi quel giorno, sistemò la sua pesante rivoltella sotto l'ascella sinistra,poi si lasciò cadere sul sedile anteriore, accanto al guidatore, mentreil commissario Jean Ducret, capo dei servizi di sicurezza del Presidente,prese posto dietro di lui.Appostati sul lato occidentale del cortile, due motards, i poliziottimotociclisti dal caratteristico casco bianco, fecero rombare i loro motorie precedettero il piccolo corteo in Faubourg St-Honoré e di lì inAvenue de Marigny. Dietro la fila di ippocastani, un giovane a cavallodi una motoretta, dopo aver osservato il corteo che passava, si scostòsilenziosamente dalla cordonatura del marciapiede e si accodò. Il trafficoera normale, per una fine settimana di agosto come quella, e il passaggiodell'auto presidenziale non era stato preannunciato. Soltantol'ululato delle sirene dei motociclisti segnalava l'avvicinarsi del corteoagli agenti addetti al traffico, i quali dovevano sbracciarsi e fischiarefreneticamente per arrestare il flusso di auto e mezzi pubblici.Il corteo procedeva sempre più velocemente, ma l'uomo sulla motoretta,che si era messo nella scia delle auto ufficiali, non faticava a tenerglidietro. Quando queste giunsero nell'ampio Boulevard des Invalides,l'uomo cap¡ che il corteo sarebbe uscito da Parigi. Lasciò andarela manopola dell'acceleratore e deviò verso un caffÉ sull'angolo. Agran passi raggiunse il telefono in fondo al locale e formò un numero.Il tenente colonnello Bastien-Thiry, che stava aspettando quellatelefonata in un bar del sobborgo di Meudon, ascoltò per qualche secondo,mormorò: “ Benissimo, grazie” e riappese il ricevitore. A passilenti raggiunse il marciapiede davanti al locale, sfilò il giornale cheteneva arrotolato sotto il braccio e con cura lo spiegò due volte.Dall'altro lato della strada, una giovane donna lasciò ricadere latendina di pizzo di una finestra del suo appartamento e si rivolse aidodici uomini sparsi nella stanza. “ É il percorso due” disse.Gli uomini uscirono dal retro della casa raggiungendo le automobili.Erano le diciannove e cinquantacinque.Bastien-Thiry aveva trentacinque anni, era sposato con tre figli elavorava al ministero dell'aviazione. Dietro la facciata convenzionaledella sua vita professionale e familiare, l'uomo covava un profondorancore nei confronti di Charles de Gaulle che, a suo giudizio, cedendol'Algeria ai nazionalisti algerini, aveva tradito la Francia e gli uominiche l'avevano richiamato al potere nel 1958. Molte migliaia di personecondividevano le sue idee, a quel tempo, ma pochi, in proporzione,erano i fanatici membri dell'OAS, l'Organisation de l'Armée SecrÉte,che avevano giurato di uccidere de Gaulle e di abbattere il suo governo.Bastien-Thiry era uno di questi.Bastien-Thiry aveva scelto personalmente il luogo dell'attentato: unalunga strada diritta, l'Avenue de la Libération, che portava all'importantecrocevia di Petit-Clamart. In base al piano, un gruppo di franchitiratori avrebbe dovuto aprire il fuoco quando l'auto presidenziale fossegiunta a circa duecento metri dal crocevia. Gli uomini si sarebberodovuti appostare dietro un furgone parcheggiato sul ciglio della strada.Secondo i calcoli di Bastien-Thiry, quando fosse giunta all'altezzadel furgone, l'auto di testa doveva essere crivellata da centocinquantapallottole. Appena fosse stata bloccata l'auto presidenziale, un secondogruppo di uomini, tra i quali Georges Watin, uno dei più pericolositiratori dell'OAS, sarebbe dovuto sbucare da una strada laterale per farsaltare in aria con esplosivi, a distanza ravvicinata, l'auto del serviziodi sicurezza. Nel giro di pochi secondi, i due gruppi avrebbero dovutosterminare il gruppo presidenziale, per poi raggiungere a tutta velocitàle automobili pronte per la fuga in una strada laterale. Lo stessoBastien-Thiry doveva stare di vedetta.Alle venti e cinque i due gruppi erano appostati. A un centinaiodi metri dal luogo dell'attentato, Bastien-Thiry stava con aria indolentevicino a una fermata d'autobus, con il suo giornale in mano. Agitandoil giornale, avrebbe dato il segnale a Serge Bernier, il capo delprimo "commando", e questi avrebbe trasmesso l'ordine agli altri.Superato il traffico del centro di Parigi, più congestionato, il corteodel generale de Gaulle raggiunse la velocità di quasi cento chilometriorari. Francois Marroux lanciò un'occhiata all'orologio, avvert¡ lanervosa impazienza del vecchio generale e spinse ancora più a fondol'acceleratore. I due motociclisti battistrada rallentarono per mettersi incoda al corteo che, così disposto, stava avvicinandosi all'Avenue de laLibération. Erano le venti e diciassette.Un chilometro e mezzo più avanti, Bastien-Thiry stava rendendosiconto delle conseguenze di un suo grave errore. Per mettere a punto itempi dell'attentato, si era servito di un calendario dal quale avevasaputo che il ventidue agosto il sole sarebbe tramontato alle venti etrentacinque. Il calendario consultato dal colonnello era, però, quello del1961. Il 22 agosto 1962 il sole tramontava alle venti e dieci. Queiventicinque minuti dovevano cambiare la storia della Francia. Alle venti ediciotto, Bastien-Thiry avvistò il corteo che scendeva rombando perAvenue de la Libération verso di lui. Freneticamente agitò il giornale.Sull'altro lato della strada, un centinaio di metri più avanti, Bernieraguzzò rabbiosamente lo sguardo attraverso la penombra, verso lafigura indistinta accanto alla fermata d'autobus. “ Ha già agitato ilgiornale, il colonnello?” domandò, senza rivolgersi a nessuno inparticolare. Non aveva ancora finito di parlare che il muso da squalodella vettura presidenziale apparve improvvisamente. “Fuoco!” gridò.Gli uomini aprirono il fuoco non appena il corteo passò davanti a loro.Le dodici pallottole che si conficcarono nell'auto dimostrarono l'abilitàdei tiratori. La maggior parte di esse colpirono la vettura datergo. Due copertoni furono centrati e i pneumatici, pur essendo a provadi foratura, per l'improvvisa perdita di pressione fecero sbandare lavettura in corsa e slittare le ruote anteriori.Numerose pallottole trapassarono la carrozzeria dell'auto e una andòa infrangere il finestrino posteriore, passando a poche dita dal nasodel Presidente. Dal sedile anteriore, il colonnello de Boissieu ruggì:“State giù!” rivolto ai suoceri. Madame de Gaulle abbassò la testa,ma il generale ribattè gelidamente: “Ma come, ricominciano?” e sivoltò a guardare dal finestrino posteriore.
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