lunedì 8 gennaio 2024

Roberto Vannacci: Il mondo al contrario

 

Il titolo la dice lunga sul tenore e sui contenuti di questo libro. “Il Mondo al contrario” vuole infatti provocatoriamente rappresentare lo stato d'animo di tutti quelli che, come me, percepiscono negli accadimenti di tutti i giorni una dissonante e fastidiosa tendenza generale che si discosta ampiamente da quello che percepiamo come sentire comune, come logica e razionalità. “Cosa c'è di strano? Capita a tutti, e spesso” – direte voi. Ma la circostanza anomala è rappresentata dal fatto che questo sgradevole sentimento di inadeguatezza non si limita al verificarsi di eventi specifici e circoscritti della nostra vita, a fatti risonanti per quanto limitati, ma pervade la nostra esistenza sino a farci sentire fuori posto, fuori luogo ed anche fuori tempo. Alieni che vagheggiano nel presente avendo l'impressione di non poterne modificare la quotidianità e che vivono in un ambiente governato da abitudini, leggi e principi ben diversi da quelli a cui eravamo abituati.

Il conflitto generazionale è sempre esistito, sia ben chiaro, gli usi e i costumi evolvono, cambiano, si adattano, ma quello che percepisco non è assimilabile alla normale e diversa prospettiva che sussiste tra la vecchia e la nuova leva, ma consiste in un capovolgimento totale dei valori e delle certezze nelle quali siamo cresciuti e per le quali ci siamo impegnati assiduamente nel lavoro, nell'educazione, nella famiglia, nella società…nella vita! Ancora più stravagante e difficile da accettare è la constatazione che, spesso, il sovvertimento di quella che la moltitudine intende come normalità è prodotto da esigue e sparute minoranze che prevaricano il sentire comune e le opinioni dei più per le stesse discutibili regole di inclusione e tolleranza imposte da altre minoranze.

Basta aprire quella serratura di sicurezza a cinque mandate che una minoranza di delinquenti ci ha imposto di montare sul nostro portone di casa per inoltrarci in una città in cui un'altra minoranza di maleducati graffitari imbratta muri e monumenti, sperando poi di non incappare in una manifestazione di un'ulteriore minoranza che, per lottare contro una vaticinata apocalisse climatica e contro i provvedimenti già presi e stabiliti dalla maggioranza, blocca il traffico e crea disagio all'intera collettività. I dibattiti non parlano che di diritti, soprattutto delle minoranze: di chi asserisce di non trovare lavoro, e deve essere mantenuto dalla moltitudine che il lavoro si è data da fare per trovarlo; di chi non può biologicamente avere figli, ma li pretende; di chi non ha una casa, e allora la occupa abusivamente; di chi ruba nella metropolitana, ma rivendica il diritto alla privacy.

Il valore aggiunto che posso attribuire a questo scritto è l'esperienza personale, quella insolita e affascinante maturata in luoghi lontani ed abbandonati e in circostanze dove i millisecondi per prendere decisioni, spesso drastiche, fanno la differenza. Al comando di uomini veramente speciali ho infatti girato il mondo, ma non quello delle capitali e del progresso, bensì quello più recondito e sconosciuto, quello povero, abbandonato, degradato e spesso pericoloso, ma reale. Quello vero, in sostanza, dove vive la maggioranza della popolazione del pianeta: circa sette miliardi di persone al netto di quel miliardo di fortunati che hanno visto la luce in quello che definiamo “Occidente”.

Una prospettiva diversa, dunque, una differente sensibilità verso molte tematiche e dei valori di riferimento che si sono consolidati e corroborati resistendo agli impatti e all'attrito di una vita trascorsa al limite.

Mantenendo i piedi ben saldi nell'oggi si tratta anche di un tuffo nel passato perché quei sette miliardi di individui vivono spesso in condizioni che richiamano quelle a cui i nostri nonni, bisnonni o trisavoli erano abituati. Quelle stesse condizioni, valori e realtà che, in nome di una modernità sempre più incalzante ed invasiva, vengono cancellati con un colpo di spugna da chi li trova scomodi all'affermazione degli autodefiniti nuovi principi e valori. Quando tutto si fa fluido, quando le certezze vengono messe in discussione, quando si sovverte l'ordine delle priorità il passato diventa ingombrante e viene definito come antiquato, superato, retrogrado e, se non inutile, certo non adatto a fornire un punto di riferimento. Le tradizioni non contano; le abitudini sono deleterie; la consuetudine è un fastidioso impiccio; la civiltà diventa mutevole e le memorie si trasformano in una paccottiglia per nostalgici.

Ci hanno provato in molti a cancellare il passato per far nascere un mondo nuovo, spesso, con metodi cruenti e sanguinari. Pol Pot e la dittatura dei Khmer rossi rappresenta uno dei più moderni e ancora vividi tentativi di eradicazione della storia fortunatamente andato male. Quello a cui assistiamo oggi, tuttavia, cambia nei metodi ma poco nella finalità. Il lavaggio del cervello a cui siamo sottoposti giornalmente volto ad imporre l'estensione della normalità a ciò che è eccezionale ed a favorire l'eliminazione di ogni differenza tra uomo e donna, tra etnie (per non chiamarle razze), tra coppie eterosessuali e omosessuali, tra occupante abusivo e legittimo proprietario, tra il meritevole ed il lavativo non mira forse a mutare valori e principi che si perdono nella notte dei tempi? Il bombardamento mediatico che mette in discussione anche le fiabe e le storielle per ragazzi e le vorrebbe stupidamente rivisitare in chiave cosiddetta “inclusiva” o il maldestro esperimento di castrare il linguaggio e le espressioni della nostra millenaria lingua per renderle asessuate non è anch'esso un tentativo di riscrivere la storia? E chi, dopo secoli di bonifiche, di risanamenti, infrastrutture e opere faraoniche per conquistare terra, spazio e salute vorrebbe ritornare alle paludi e alle aree abbandonate a sé stesse non è anche lui un noncurante di tutte le esperienze passate? Per non parlare dei molti che, ritenendosi cittadini di un mondo universale e portatori di valori irrinunciabili vogliono cancellare le frontiere, i confini, gli stati, la cultura, la civiltà e persino la Patria per la quale si sono sacrificati milioni di nostri parenti e predecessori.

Ecco, questo è il Mondo al Contrario che ci presentano come una naturale, inevitabile e progressista evoluzione dell'universo alla quale non ci si può opporre pena l'emarginazione, la discriminazione e, per i più recidivi e tenaci, la galera. La libertà di parola e di opinione si applica secondo un principio a geometria variabile che permette di sostenere legittimamente il terrapiattismo ma demonizza espressioni di dissenso nei confronti del pensiero unico. L'atteggiamento critico nei confronti del nuovo che avanza non si inquadra più nell'ambito delle normali argomentazioni ma viene presentato come la conseguenza di paure irrazionali, insane e patologiche: come fobia! Quello che più allibisce è constatare che sono le stesse minoranze che sostengono questo abominevole trasformismo che prevaricano e sottomettono le masse con metodi cruenti e dittatoriali che spaziano dalla censura alla gogna mediatica, dall'evaporazione dai canali informativi sino a pretendere che i pubblici poteri si occupino delle opinioni, dei pensieri, dei pareri, degli ammiccamenti o delle predilezioni.

Un vero e proprio assalto alla normalità che, in nome delle minoranze che non vi si inquadrano, dev'essere distrutta, abolita, squalificata facendo in modo che il marginale prevalga sulla norma generale e sul consueto.

Non sono il possessore di verità assolute. Credo sia molto difficile trovare qualcuno che lo sia. Ma uno degli scopi del libro è il trionfo della saggezza e delle verità oggettive, quelle supportate dai dati e non dalle previsioni, dai fatti e non dai sentimenti, dalla realtà e non dalla percezione della stessa. Dare anche voce ad una maggioranza silenziosa che non si esprime, che forse non ne ha più la voglia, che non trova il modo di far valere le proprie opinioni e che, spesso, viene sopraffatta di chi maggioranza non è! Non voglio ergermi a portavoce della collettività, badate bene, non ne ho né le caratteristiche né l'autorità, però credo che proprio questa moltitudine dominante e silenziosa si riconoscerà nelle tematiche esposte.

Gli argomenti che affronto sono già stati ampiamente trattati da autori molto qualificati e referenziati e, proprio per questo, l'idea è quella di illustrarli in uno stile semplice e in forma aneddotica, con atteggiamento schietto e con la chiarezza del buonsenso inteso come “senso comune” a cui, non a caso, dedico il primo capitolo di questo libro.

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