sabato 25 novembre 2023

Roberto Vacca: Greggio e pericoloso


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Grigori Semenovitch Ivanov provava una strana sensazione per il semplice fatto che stava camminando liberamente per le strade di una città tedesca.
Da giovane aveva combattuto contro i tedeschi per alcuni mesi, ma gli anni della guerra avevano lasciato su di lui una impronta profonda. Grigori si sentiva ancora come se la guerra non fosse mai finita. La guerra era la realtà. I trent’anni successivi - tutta la stia vita adulta - erano una finzione.
Gli sembrava di essere un diavolo ‘spericolato a camminare solo e sicuro nel a città nemica. La sua mente scientifica naturalmente sapeva bene che nessuno lo avrebbe affrontato. Era uno scienziato sovietico. Era stato invitato a partecipare a un congresso internazionale a Monaco di Baviera.
Chi vuole essere un buono scienziato ha bisogno di molta immaginazione. Grigori Semenovitch si divertiva a immaginare i suoi piccoli giochi privati.

Il poliziotto tedesco grasso con il suo berretto bianco, che camminava su e giù per il Platzl, aveva una brutta faccia. Se fosse stato un poliziotto nazista, nel 1945, come avrebbe potuto fare Grigori per ucciderlo? Poteva immaginario solo vagamente. Il suo lungo tirocinio di geologo non era la preparazione migliore per il combattimento disarmato. Dopo tutto, il suo piccolo gioco non era tanto divertente. I pensieri di Grigori cominciarono a vagare. Osservava pigramente i negozi e le pietre della pavimentazione stradale. Leggeva i nomi del e strade. Cominciò a ripassare mentalmente un pezzo del a relazione che avrebbe dovuto presentare il giorno dopo. Guardava i passanti: ce n’erano pochi, perché era quasi mezzanotte e aveva camminato a caso perdendosi in un labirinto di stradicciole.
Grigori notò uno zoppo che si appoggiava pesantemente sul bastone ad ogni passo.
I pensieri che aveva avuto per la mente lo avevano messo in uno stato d’animo difensivo.

Improvvisamente lo zoppo cominciò a camminare speditamente e si avvicinò a grandi passi. Senza una parola alzò il suo bastone e colpì Grigori con violenza. Lo scienziato russo cercò di evitare il colpo e il bastone lo colse sul a spal a sinistra producendo un rumore sordo sul a stoffa spessa del suo cappotto pesante. Sentì un dolore acuto e si rese conto di essere stato colpito non da un bastone normale, ma da una sbarra d’acciaio.

Grigori era atterrito. Da quel momento ebbe l’impressione che tutto accadesse molto lentamente. Ebbe il tempo di guardare la faccia decisa del suo assalitore e vide che era un uomo qualunque.
Contemporaneamente Grigori si domandava se si trattasse di un rapinatore o se non fosse un attacco violento senza ragione, senza motivazione. Aveva storie di teppisti, assalgono estranei senza scopo e senza provocazione, ma credeva che cose simili accadessero solo in America.
Mentre l’uomo alzava di nuovo la pesante sbarra, Grigori pensava che la spalla gli avrebbe fatto male per parecchi giorni e immaginava chiaramente l’unguento bianco e appiccicoso che avrebbe dovuto strofinarsi sul a pel e tutte le sere fino al a guarigione.

Il secondo colpo fu diverso. La punta della sbarra gli frustò la faccia causando un dolore insopportabile.
Aveva alzato le mani cercando di afferrare la sbarra, ma riuscì solo a toccarla debolmente dopo essere stato colpito. La abbandonò subito e portò le mani alla faccia. Sentì il sangue caldo che gli scorreva sul mento e che fiottava fuori dal a sua arteria facciale. Attraverso il sangue sentì la grande ferita e toccò denti rotti e l’osso scheggiato dello zigomo. Si accorse che il colpo gli aveva asportato il naso quasi completamente e soltanto allora si rese conto che non sarebbe mai guarito.

Nella sua mente si formarono le parole:
"Eta peremena - neobratima. Questo cambiamento è irreversibile."
Questo fu il suo ultimo pensiero. Il colpo seguente gli fracassò il cranio e penetrò profondamente nel suo cervello. Grigori Semenovitch Ivanov non seppe mai chi lo aveva ucciso e perché.
La polizia bavarese e il servizio segreto sovietico non riuscirono a trovare l’assassino e nemmeno riuscirono a immaginare il motivo dell’assassinio.

 

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