domenica 2 luglio 2023

Olivier Messiaen + Turangalîla-Sinfonie per pianoforte, Ondes Martenot e grande orchestra (1948)

 

Avignone, 10 dicembre 1908 – Clichy, 27 aprile 1992

Figlio della poetessa Cécile Sauvage, ha studiato a Parigi con Dukas (organo con Dupré) e dal 1931 è organista alla Trinité di Parigi. Nel 1936 fu a capo del gruppo della "Jeune France" che, « riprendendo il nome creato da Berlioz, segue la via su cui allora il Maestro aveva iniziato il suo tanto ostacolato cammino ... La Jeune France propone di disseminare intorno a sé opere giovanili, libere, lontane sia da formule rivoluzionarie sia da formule accademiche » (come si afferma nel "manifesto" del movimento, che comprendeva anche i compositori Daniel-Lesur, Yves Baudrier e André Jolivet.
In verità Messiaen prese ben presto una strada affatto particolare, in cui l'influenza della musica esotica si fonde con un accentuato misticismo, e dove sono rilevabili forti influenze della filosofia bergsoniana e di certo pensiero indiano. Ha studiato a fondo la musica e i ritmi indiani, creando uno stile assolutamente individuale, ispirato ai misteri della cristianità o, a preferenza,
alla natura, innanzi tutto al canto degli uccelli, che costituiscono per il compositore una fonte di fascino e di risorse inesauribili.
La sua musica ha dunque un sapore esotico, spesso anche quasi impressionistico; assai importante il lavoro teorico da lui svolto, soprattutto in campo ritmico, lavoro che influenza a tutt'oggi notevolmente certe correnti della musica contemporanea non soltanto francese.
Ha composto varia musica per orchestra, pezzi sacri per coro, pezzi per organo, numerosa pregevole musica da camera (tra cui Le Quatuor pour la fin du temps, del 1941) e pagine pianistiche in cui balzano in primo piano le sue predilette elaborazioni teoriche sul ritmo.

Turangalîla-Sinfonie per pianoforte, Ondes Martenot e grande orchestra (1948)
Commissionata da Kussevitzki per l'Orchestra Sinfonica di Boston, è una delle opere sinfoniche più gigantesche dell'epoca moderna: gigantesche sia per le dimensioni sia per l'impiego di un'orchestra vastissima, che fa pensare a certe partiture di Strauss o del primo Schonberg (circa 115 esecutori).
" Turangalîla" è una parola indiana dai molteplici significati: è un nome di fanciulla, di un ritmo del sistema musicale indiano, di un canto d'amore, ed è dunque chiaro che tutta la partitura trabocca di una sensualità sottile, di sapore orientale, e nello stesso tempo è un inno di fede e di ottimismo nelle
forze di Dio e della natura. L'ebrezza timbrica raggiunge vette straordinarie, vertiginose, che fanno di Turangalîla una delle composizioni più singolari dei nostri giorni. Si noti l'importanza solistica del pianoforte.
La Sinfonia può essere eseguita in caso di necessità anche non integralmente, ma l'autore ne raccomanda l'esecuzione senza tagli. I dieci brani in cui si suddivide sono: " Introduzione " ('Moderato, poco vivo'), " Canto d'amore I " ('Moderato, pesante'), " Turangalîla I " ('Quasi lento, sognante'), " Canto d'amore
II " ('Moderato'), " Gioia del sangue delle stelle " ('Vivo, appassionato, con gioia'), " Giardino del sonno d'amore " ('Molto moderato, molto tenero'), " Turangalîla II " ('Poco vivo-Moderato'), " Sviluppo dell'amore " ('Moderato'), " Turangalîla III "
('Moderato'), " Finale " ('Moderato, quasi vivo, con grande gioia').

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