giovedì 22 dicembre 2022

Arcangelo Corelli


(Fusignano 17 febbraio 1653 - Roma 8 gennaio 1713)

Si perfezionò nella musica a Bologna, ma ben presto lo troviamo a Roma, come violinista in orchestre di chiesa e di teatro. Dal 1682 al 1708 è direttore dei violini a S. Luigi dei Francesi e dal 1687 anche maestro di cappella del cardinale Benedetto Pamphili, passando tre anni dopo al servizio del cardinale Pietro Ottoboni: qui rimarrà fino alla morte, godendo i favori del cardinale, ammirato per la sua produzione musicale in tutta l'Italia. Venne sepolto nel Pantheon.
Corelli è il maggior rappresentante del barocco strumentale italiano. La sua opera, esclusivamente concepita per strumenti ad arco, raggiunge un respiro e una perfezione formale ignota prima di allora ai maestri italiani. Le sue principali innovazioni ebbero inizio nel campo della sonata a tre, di cui stabilì in quattro il numero dei tempi, per trasferirsi poi anche in campo orchestrale nei 12 Concerti grossi, che sono le sue uniche composizioni per orchestra. Qui il numero dei tempi varia da quattro a otto: da notarsi la distinzione netta tra strumenti soli - "concertino" - e " tutti" orchestrale, un principio formale che resterà fondamentale per tutta la produzione barocca, da Vivaldi ad Albinoni a Tartini a J. S. Bach e Handel.
In qualche tempo dei suoi concerti grossi, si trova un solo violino in opposizione all'orchestra d'archi: ed è ragionevole ritenere che da questi primi modelli abbia preso le mosse la graduale individualizzazione del concerto per violino e orchestra.
L'importanza di Corelli è grandissima anche per l'evoluzione della tecnica degli archi, specie del violino. La sua scuola ebbe seguaci in ogni parte d'Europa: G. B. Somis la rappresentò in Piemonte e, attraverso i suoi allievi, in Francia, Geminiani e altri recarono in Inghilterra, Locatelli in Olanda e Gasparini a Venezia, le innovazioni corelliane. Nelle sue composizioni egli stabilisce le funzioni dei singoli strumenti del quartetto d'archi, tende a mettere in rilievo il violino, introduce una cantabilità e un'arcata espressiva che attingono altezze sublimi e fanno capire quanto la produzione strumentale europea del '700 sia debitrice a lui, grandissimo caposcuola di intere generazioni di musicisti.


Concerto grosso in sol minore ("Fatto per la notte di Natale) op. 6 n. 8
Come dice il titolo, l'occasione è qui particolarmente solenne ed impegnativa: anzi, fu forse proprio questo fatto che spinse il maestro romano a mettere tutta la sua fantasia in questa composizione, che costituisce indubbiamente il punto culminante nella parabola della sua produzione concertistica, e rimane l'esempio più splendido della forma barocca del concerto grosso italiano, definitosi intorno alla fine '600 proprio per merito di Corelli. Il maestro romano raggiunge qui veramente un perfetto equilibrio espressivo: le singole parti del Concerto sono in rapporto armonico tra loro, e il trattamento dei tre strumenti solisti ("concertino" formato da due violini e violoncello) rispetto alla massa degli archi è ispirato a una distesa cantabilità, a una libertà e scioltezza di eloquio tipica della musica barocca italiana e ammirevole per la sua nobiltà espressiva.


Il Concerto comprende: "Vivace-Grave-Allegro," un "Adagio" pervaso di un'espressione tutta interiore, "Allegro," "Vivace," "Allegro" e una "Pastorale" ('Largo,' ad libitum), che costituisce il primo esempio strumentale di questo genere ed è un vero gioiello di perfezione formale ed espressiva.


Nessun commento:

Posta un commento